Disastro di Stresa
Una gita finita in tragedia 19 giugno 1948
Cronaca del disastro 19 giugno 1948: il crollo del pontile dell'imbarcadero di Stresa
Ecco l’esposizione dei fatti in base al rapporto dell’allora segretario comunale Pietro Valditara compilato in data 20 luglio 1948 e riportato nella delibera n. 2869 del 30 luglio 1948 della Giunta municipale di Stresa:
«Il 19 giugno 1948 alle ore 11.45 una numerosa comitiva di circa mille gitanti degli stabilimenti Fossati di Sondrio, sbarcati a Stresa verso le ore dieci da due battelli speciali (il Piemonte e l’Italia) provenienti da Laveno, stavano rimbarcandosi per far ritorno a Pallanza ove dovevano sostare secondo il programma della gita.
Il cattivo tempo, determinato da rovesci di pioggia, aveva indotto i gitanti ad un affollamento notevole nella locale stazione lacuale in attesa di salire sui piroscafi ormeggiati al pontile d’imbarco.
Al segnale d’imbarco i gitanti in massa si precipitarono sul pontile per accedere ai battelli e procurarsi i posti migliori.
Sta di fatto comunque che, per cause ignote, ad un certo momento avvenne il cedimento del pontile sulla estremità esterna verso il lago determinando la caduta nelle acque di tutti i passeggeri che si trovavano sul pontile stesso e che potevano assommare a non meno di 160 circa, atteso che detto pontile assunse una inclinazione di circa 50 gradi.
La caduta dei gitanti nelle acque è stata altresì favorita dallo stato viscido del pavimento in legno del pontile, data la pioggia caduta e che cadeva in quel momento.
Lo spazio di acqua in cui avvenne la sciagura era ridotto dalle dei due battelli speciali, più uno di linea, che impedivano il diradamento dei naufraghi, aggravandone anzi la situazione in quanto i primi davanti del pontile finirono sotto le chiglie dei battelli: il che ha reso maggiormente difficile e rischiosa l’opera di salvataggio.
Avvenuta la sciagura, alle grida di soccorso degli sventurati, i barcaioli locali, che si trovavano nei pressi dell’imbarcadero, accorrevano ed iniziavano immediatamente l’opera di salvataggio.
Fra i detti barcaioli era presente il motoscafista Diverio Enrico (fu Enrico e di Sampietro Marietta, nato a Stresa il 15.10.1915, coniugato, residente in Stresa) che di slancio, toltesi scarpe e pantaloni, si gettava nel lago ed iniziava, con grave rischio personale, l’opera di salvataggio traendo dapprima in salvo (alla superficie) numerosi naufraghi che si dibattevano nelle acque. Successivamente, dato che parecchi erano già stati assorbiti dalle acque, il Diverio non esitava a tuffarsi raggiungendo il fondo del lago anche sotto le chiglie dei piroscafi e, a più riprese, riusciva portare in superficie cinque vittime delle quali due risultarono sopravvissute dopo le cure che furono loro prestate dal locale Ospedale.
Si fa presente che le acque hanno in quel punto la profondità di 6-7 metri e che, ripetesi, le operazioni erano particolarmente difficili data la ristrettezza di spazio in cui avvenne la sciagura, attesa la massa dei naufraghi e tanto più che per risalire alla superficie si doveva evitare le chiglie dei battelli. Si fa inoltre rilevare che il Diverio ha robustezza media normale, che non ha alcuna relazione di parentela con i naufraghi e che presente al fatto erano, fra tanti altri, i seguenti testimoni pure non parenti coi detti naufraghi e non aprenti col Diverio: Bergonzoli Galdino, Sacchi Angelo, De Nicolò Andreina, Tadini rag. Carlo» .