Radio de 'na òlta
Radio a valvole anni '50/60

Itè par cà

radio a valvole anni '50 / 60 del secolo scorso

Con queste radio negli anni '60 si poteva ascoltare le stazioni straniere come Radio Mosca in lingua italiana poi se gli scrivevi rispondevano.

Ecco un ricordo radio_mosca

 

Correva l'anno 1934 in Australia

Ugo,  è in vena di generosità con suo padre, mi ha mandato in regalo un apparecchio radio, col quale posso sentire voci e suoni provenienti da tutte le par ti del mondo. 

Gli sono grato, la cassetta magica mi aiuta a sconfinare col pensiero; è un eccitamento che si aggiunge a quelli che già possedevo: i libri ed i ricordi.

Se i suoni vengono da città che conosco, mi suscitano un po' di nostalgia. 

Così se sento un'opera trasmessa dal teatro Regio di Torino o dalla Scala di Milano, vedo nei palchi gente a me nota, amiche, amici cari coi quali sarebbe pur bello, a sipario calato, conversare, passeggiare nel ridotto e, a spettacolo finito, uscire insieme nel trambusto e cenare in luminosi ristoranti. 

Abitudini del passato. Ma se i suoni vengono da città ignote e lontane, allora godo veramente, poiché il mio cervello non si avvilisce nel rimpianto, ma si eccita, crea le città stesse per me, i loro teatri, i loro "tabarrins," le loro strade, le loro chiese, le loro donne, le loro feste, le loro riunioni politiche, le loro parate militari, le loro industrie, i loro commerci, la loro vita, in somma, io me la costruisco a modo mio, secondo una somma di immagini che io solo vedo e sono tanto più piacevoli inquantoché non corrispondono alla realtà accessibile a tutti..

Quante città importanti esìstono al mondo!  Ne ho scoperte parecchie, in Europa, delle quali prima che possedessi la radio ignoravo perfino il nome: Bruno, Huizen, Viipuri, Lahti, (Konigswusterhausen, Katowice, Moraska-Ostrava. Le ho poi cercate nei trattati di geografia e nelle guide turistiche. 

Adesso le conosco bene. So in quali strade, in quali negozi posso comperare un paio di calze, un tappeto un gioiello, a Colonia, a Bor deaux, a Budapest, a Hilversum.

Gli imbonitori delle reclames mi fanno di  guida per le vie di Berlino, di Algeri, di Barcellona, di Varsavia.

E passo dall'una all'altra di codeste città con la rapidità con cui muta il mio pensiero. Non si tratta che di girare una manopola; fra l'una e l'altra e l'altra città non intercede che lo spazio di pochi millimetri.

Nella cassetta c'è un vetrino illuminato, dietro il quale, girando la manopola, scorre avanti e in dietro un nastro segnato di lineette trasversali numerato come i termometri e i metri lineari ; ogni cinque lineette brevi ve n'è una lunga: 0, 5, 10, 15, 20, eccetera; sono i metri della lunghezza d'onda dei segnali radio.

Ciascuna città che trasmette onde radiofoniche corrisponde a uno di quei numeri. Ogni città ha il suo numero come gli ammalati negli ospedali e i pazzi nei manicomi.

Voglio godermi qualche impressione di Norimberga? Faccio scorrere il nastro finché il numero 20 corrisponde alla lancetta fissata sul vetrino. Londra? 66; Bukarest? 80; Roma? 98; Parigi? 129.

Il mondo, per la radio, è limitato in così piccolo spazio, che basta lo spostamento di un millimetro per far passare l'ascoltatore dall'uno all'altro emisfero. E non è ciò che desta meraviglia.

La sorpresa non dura che pochi giorni: poi ci si abitua alla radio come a tutto ciò che è meccanico, spiegabile scientificamente, inventato dagli uomini.

Ma la cassetta sonora mi serve perché mi obbliga a viaggiare.

Senza la radio non mi sarei mai soffermato a Stoccarda o a Toloso o a Langenberg dove invece, da un po' di tempo a questa parte, faccio una capatina quasi tutti i giorni.

Non tanto per ascoltarvi le loro musiche, quanto per sentire le voci degli annunziatoli, le notizie, le informazioni che essi mi danno e anche i piccoli rumori fuori programma.

Oggi a Praga il violinista Goeply tossiva: pochi colpi di tosse secca, insistente, che si sono ripetuti durante tutte le pause del concerto.

Codesto Goeply suona spesso a Praga; ma egli non è un grande violinista; poco pubblico lo va a sentire; si capisce dalla scarsità degli applausi. Finito il concerto, Io vidi infilarsi il pastrano, calcarsi sulla testa dai lunghi capelli il feltro nero, prend'ersi il violino sotto il braccio e avviarsi nelle strade luminose, scantonare in vicoli scuri, camminare a randa dei muri, solo, un po" curvo, tossendo.

Talvolta, mentre un imbonitore, esalta i profumi-di una ditta parigina, sento cigolare una porta: qualcuno entra nel piccolo auditorio, forse di soppiatto: non si ode il passo perché la furtiva cammina lieve sui tappetti; ma vedo che l'imbonitore e la sua giovane amica (una corista) si abbracciano negli istanti di silenzio che intercedono fra l'annunzio-reclame d'un lucido da scarpe e quello di una marca di sciampagna.

Le voci delle donne che annunciano i programmi mi sono divenute familiari come le voci della mia gente; esse creano le figure di coloro che le esprimono.

Coteste donne le vedo tutte. Sono quasi tutte giovani; qualcuna aspra e antipatica, ma qualcuna assai bella.

Quella che parla a Barcellona dalle dieci alle due di notte, è certamente bruna, pallida, sensuale. 

La sua voce di contralto, morbida e calda, s'illanguidisce in inflessioni di carezze, s'intensifica e s'affievolisce come fa l'onda del piacere nel sangue, scatta quasi eccitata da punte di brividi.

Chi accompagna a casa quella ragazza, alle due di notte, nelle vie di Barcellona?

Alle due di notte Barcellona ferve di vita in tutti i suoi caffè, nei suoi "tabarrins" indiavolati. 

Chi bacia la bocca carnosa che parla con sì intensa espressione di femminilità ?

Il mondo è piccolo, certo. Nella radio, le voci di talune città distanti fra loro migliaia di chilometri si avvicinano talmente che si intrecciano, si sovrappongono.

Al numero 78 e è Genova; pure al 78 più qualche frazione di millimetro c'è Francoforte.  Succede quindi in certe ore del giorno, che mentre Francoforte canta la Messa in "la bemolle" di Schubert, Genova balla un fox-trott. 

Le strade di Francoforte si confondono allora nella mia mente con quelle di Genova, la Borsa di questa rotola sul Teatro di quella, le acque del Meno si versano nel Tirreno, i diversi linguaggi si intrecciano come nella Torre di Babele. Ciò che mi pare divertentissimo: il trionfo dell'illogico che impera sul mondo.

Fa tacere quell'inferno!  Esclama mia madre. Lasciami in pace, ti prego!

Allora prendo la radio e la porto nella stalla dove le donne filano, raccontano le fiabe e fanno all'amore.

I primi giorni ivi destò gran stupore. Perfino le mucche volsero lentamente la testa a guardare la cassetta sonora, con occhi socchiusi.

Ma ora non fa più impressione. Le donne stanno a sentirla pazienti pensando ai fatti loro.

Se sentono però che stian per giungere Paul e Martin a suon di clarino e di fisarmonica, mi implorano con gli occhi di far tacere la noiosa cassetta.

Ed io capisco che hanno ragione,  la spengo e la porto via.

L'ültem töchèl en dialèt:

Fà taśìi chèl enfèren! La sclama la màma. Laghem èn pàas te preghi!

Ilùra ciàpi la ràdio e la pórti ´ndèla masù 'ndùa li fémni li fila la lana, li cǜntasǜ li stóri e li fà l'amor.

I prǜm dì con grànt maravéia perfìna li vàchi li girava, a piáa la cràpa, a vardàa, coi ṍc’ quasi serac', la caśèta ca la sunava.

Ma adès la fà ca pǜ impressiù, li fémni li stà a sintila con pazièza ntàat ca li pensa ai fàc' lór.

Sé li sènt però ca iè réet par ruàa  'l Paul e Martin cai suna ol calarìi e l'armònica , ai me prega coi ṍc’ dè fàa tasìi la nóiósa caśèta.

E mi capìsi chè li ghà rèśù e mì ilura la smórsi e la pórti ià.

                                                      scólta chèsto töchèl