Cuntrada Casèl


Contrada Casello (Moia)

Qui da noi c'è chi lavora la vigna per produrre buon vino

Estratto dalla ricerca degli alunni classe quinta 2007-2008

Il Casello mantiene gli aspetti del borgo medioevale.

Ci sono ancora i resti di un mulino 

Il nucleo è composto  da insediamenti rurali; come abbiamo visto, il passato del Casello affonda le sue radici nelle tradizioni contadine.

Nel 1950 il Casello era la seconda “contrada” più abitata di Albosaggia; vi erano circa 40 famiglie, oggi ce ne sono solo 10.

Con il miglioramento economico dovuto alle opportunità lavorative, grazie allo sviluppo del settore terziario, si era verificato un fenomeno di spopolamento, molte famiglie erano  andate ad abitare in località Torchione, più vicina a Sondrio.

Per la costruzione  delle case veniva utilizzato materiale locale come: pietra, legno, ” piodi” ( tegole in sasso).

Le scale erano esterne, in legno e in pietra; portavano alle stanze da letto.

C’erano diversi ballatoi lignei e un passaggio sospeso, coperto, in legno, che metteva in comunicazione due case.

Le finestre erano poche e piccole per non far entrare troppo freddo d'inverno ed erano quasi tutte contornate di bianco.

Le case  sono distribuite lungo due file parallele che seguono la strada e che  sono tutte collegate tra loro dalle “truni”, lunghi  e stretti passaggi coperti a volta con il pavimento acciottolato (ol rìsc), alcune  lunghe anche decine di metri,  alte circa 2 metri e 50 centimetri e larghe mediamente un metro e mezzo.   Il “risc”, serviva per tenerle pulite e per impedire all’ acqua piovana di portare via tutta la terra.

Le truni a volta servivano per mettere in comunicazione l’abitazione con la cantina e la stalla : facevano parte dell’abitazione stessa.

Nelle “truni” si svolgevano anche alcune tipiche lavorazioni di rurali:

si macellava il maiale per poi ottenere insaccati (lüganèghi, salàm, cudighìi...);

si preparavano i rami flessibili dei salici (scialésci, mèrs..) che servivano nelle vigne per la legatura dei tralci;

si “sfoiava ol törch” = si toglieva le bratte (“foiàsc”) alle pannocchie;

si filava la lana di pecora con il finarello (“carèl”).

La gerla ("ol gèrlo"), ”il campac'”, la “cavagna” si costruivano la sera nelle stalle dove  ci si riuniva per stare  al caldo tepore delle mucche.

Al Casello si  allevavano mucche,pecore, capre, maiali, galline, conigli, asini e muli.

Le vacche brucavano l’erba nei prati vicino alle case e poi scendevano a pascolare al piano di Sondrio.

In casa si usava il fuoco del "fuglàa" (focolare) per cucinare la minestra o la polenta con il paiolo appeso alla catena ("scigòsta").

In un apposito locale lo stesso focolare  serviva per scaldare e essicare le castagne disposte sull' "gràat".

L’essicazione durava almeno due mesi; quando le castagne erano pronte, si mettevano in un sacco di iuta e si battevano sul "risc" per staccargli il guscio e renderele pulite e bianche.

All’Epifania si portavano a Sondrio al mercato.  Utilizzo delle castagne secche bianche, ricetta büśèchina

Verso gli anni '50 del secolo scorso si passò dal focolare alle stufe ("la pìgna") alcune ancora tuttora utilizzate.

Attorno al 1930, dopo la realizzazione della centralina elettrica al Centro, venne distribuita la corrente elettrica ad uso illuminazione e l'unica protezione era una "tabacchiera" di ceramica con i fusibili di piombo come si vede nella foto qui sotto; non si usavano ancora all'esterno cavi elettrici ricoperti ma solo fili unipolari che correvano sui pali di legno e sui muri fissati a degli isolatori ceramici.

Al Casello venivano praticate diverse colture :   granoturco, l’orzo, il miglio, canapa e il lino.

Piante da frutto: ciliegi,  pruni,  meli,  peri, fichi,  nespoli, piante di ribes, viti.

Le piante  di gelso venivano usate  per l’allevamento dei bachi da seta.

Per cogliere le pere, senza dover salire sulla pianta,  c'era un apposito attrezzo in legno chiamato "pireröla"

Il granoturco veniva portato al mulino e  con la farina  si  faceva la polenta gialla.

Al mulino l’orzo subiva il processo di “pilatura”, per  liberare i chicchi dal duro tegumento esterno e si utilizzava per la minestra.

Il miglio veniva pulito con il “vàl” e veniva usato anche come becchime per il pollame.

Con la canapa ("canèf") si confezionavano i “pelot”, pesanti coperte , mentre con il lino si confezionavano  lenzuola, asciugamani e strofinacci.

Anche qui sulla parete di una casa vi si trova un dipinto.

Rappresenta i santi martiri Giacomo minore e Filippo con la Madonna e il Bambino, Forse risale al 1700.

Vi si trova anche una sorgente di acqua ferruggionosa 

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